Alimentazione

Microplastiche: le ingeriamo ogni giorno

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Microplastiche dal mare agli alimenti
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La plastica, quando finisce in acqua, si scioglie in frammenti più piccoli a causa dell'effetto dei raggi ultravioletti e al vento, delle onde, dei microbi e delle alte temperature.

Siamo sempre più consapevoli di quanto la plastica stia inquinando il nostro ambiente. Molta attenzione si è concentrata sul modo in cui le microplastiche stanno invadendo i mari e penetrando nelle creature che li abitano, entrano nella catena alimentare e, quindi, nel nostro organismo.

Cosa sono le microplastiche

Si tratta di piccole particelle di plastica che inquinano i nostri mari e oceani. Si chiamano così perché sono molto piccole e hanno un diametro compreso in un intervallo di grandezza che va dai 330 micrometri e i 5 millimetri. La loro pericolosità per la salute dell’uomo e dell’ambiente è dimostrata da diversi studi scientifici. I danni più gravi si registrano soprattutto negli habitat marini ed acquatici. Ciò avviene perché la plastica si scioglie impiegando diversi anni e fintanto che è in acqua può essere ingerita e accumulata nel corpo e nei tessuti di molti organismi.

Pesce: un alimento a rischio

È più difficile conoscere il quantitativo di microplastiche che potremmo assorbire dai pesci. Infatti, la maggior parte degli studi fino ad oggi ha solo analizzato lo stomaco e il contenuto dell'intestino di questi animali, che di solito vengono rimossi prima del consumo. Ma una recente ricerca ha rilevato queste particelle nel fegato di pesce, suggerendo che le particelle possano venire trasmesse dai tessuti digestivi ad altre parti dell'organismo
Le microplastiche sono state trovate anche nei pesci in scatola, anche se il quantitativo era molto inferiore.

Il sale marino contiene microplastiche

Un'altra fonte di cibo marino di microplastiche è il sale marino. Un chilogrammo può contenere oltre 600 microplastiche. Quindi, chi ingerisce una dose massima giornaliera di 5 grammi di sale, può consumare circa tre microplastiche al giorno (anche la maggior parte delle persone ne assume molto di più).

Il pericolo non viene solo dal mare

Pesci e molluschi non sono le uniche fonti alimentari che possono contenere microplastiche. Secondo altri studi, un numero maggiore di queste particelle proverrebbe da altre fonti, come gli animali da cortile. Uno studio sui polli allevati in Messico ha rilevato, infatti, una media di 10 microplastiche per ogni ventriglio di pollo. Ma gli scienziati hanno anche trovato queste sostanze nel miele e nella birra.

Tuttavia, forse la più grande fonte nota di microplastiche che consumiamo è l'acqua in bottiglia. Gli scienziati della State University di New York hanno condotto lo studio su 259 bottiglie d'acqua provenienti da 19 località in 9 Paesi: Brasile, Cina, India, Indonesia, Kenya, Libano, Messico, Thailandia e Stati Uniti. Attraverso il rosso nilo, un colorante sfruttato nella microscopia a fluorescenza, che rende evidente la plastica sotto alla luce blu, hanno individuato una concentrazione media di 10,4 particelle di plastica per litro, delle dimensioni di 100 micrometri, cioè 0,10 millimetri, e di circa 325 particelle per litro di dimensioni inferiori.

Attenzione anche alla polvere

Ci sono anche prove che le microplastiche negli alimenti provengono dalla polvere che si deposita in casa. Uno studio recente ha stimato che potremmo assumerne una dose annuale di quasi 70.000 dalla polvere che si deposita sulla nostra cena, e questo è solo uno dei nostri pasti quotidiani.

Non si conoscono ancora i reali effetti delle microplastiche, ma l'OMS e molti istituti di ricerca in tutto il mondo stanno studiando le possibili conseguenze sull'organismo umano. Nel frattempo, si cercano soluzioni per ridurre l'inquinamento da plastica.

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